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Esercizi di mondo

progetto di terraforming per una città cinetica

Non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle,
è perché non osiamo farle che diventano difficili.
[ Seneca ]

Quali sono i nostri modi di esistenza, le nostre possibilità di vita o il nostro processo di soggettivazione?
Abbiamo dei modi di costituirci come “sé” e, come dirà Nietzsche, modi abbastanza ‘artisti’, oltre il sapere e il potere?
[ Gilles Deleuze ]

I principi

LABORATORIO DI MONDO
Politico, Sociale, Ecologico
Invenzione di modelli virtuosi
Avamposto anti-capitalistico, inclusivo

DISEGNARE ETEROTOPIE
Ripensare il tempo e lo spazio
Testimoniare la possibilità di un’alternativa
Innescare una rivoluzione di pensiero

A SCENA APERTA
Accedere al processo creativo
Trasversalità e mescolanza dei corpi (animali, animali umani, vegetali...)
Fruizione artistica come epifania del fenomeno (non il consumo di merce)

L’INVENZIONE DEL QUOTIDIANO
Immersività della pratica artistica nei fenomeni di vita
Palestra di filosofia pratica, esperienziale
Ripensare il quotidiano come atto poetico

TELEPATIA
Non un eremo ma un diffusore
Ricerca tecnologica sulla performatività a distanza
Il contagio artistico a lunga percorrenza

PELLEGRINAGGIO
Luogo di coltivazione e di attraversamento
Scambio e incontro di persone nel segno della diversità
Essere sempre ospiti / lo spazio non è materia di possesso


Il motore
Ho fondato la compagnia CollettivO CineticO nel 2007.
Il mio primo spettacolo è stato un progetto decennale sulle eterotopie e le eterocronie, immaginato come una coreografia espansa nel tempo e negli spazi. Ho iniziato con qualcosa che non puoi possedere ma solo attraversare, che mescola presenza e immaginario, che scommette su un futuro.
Per dieci anni le performance, gli spettacoli, i dispositivi creati hanno indagato gli spazi “Altri”, dalla natura impalpabile dello spazio virtuale al luogo del fuoriscena, dalle case private al mistero viscerale dell’interno del corpo, fino all’interstizio ombreggiato di una “piega”.
È stato un viaggio meraviglioso di conoscenza e trasformazione che ha unito una collezione di umanità ed esperienze diventando un manifesto poetico e politico.
Ora, dopo 15 anni dalla nascita di CollettivO CineticO, sento l’urgenza di rispondere al presente con una nuova eterotopia: un’utopia che si fa realtà, ma in una forma altra rispetto a qualsiasi altro luogo.
Come coreografa il mio lavoro consiste nella creazione di un pezzetto di mondo scenico in grado di inventare e presentare uno stato di esistenza dei corpi. La performance è sempre stata per me la creazione di un mondo altro: un dislocamento che ci permette di mettere a fuoco la realtà, entrando in risonanza con il presente e innescando una reazione chimica di trasformazione.
Un’occasione di incontro in cui le spettatrici e gli spettatori possano essere soggetti attivi. 
Stare in scena è fare esperienza di metamorfosi, è imparare ad essere Altro.
Questo è ciò che ho fatto per vent’anni come coreografa: generare processi per invitare i corpi al gioco, generare altre temperature di esistenza, virate di presenza.
Ovvero rendere possibili esperienze di vita ad alta intensità.

La visione
Questo è un invito diretto a tutti i corpi, di artisti e spettatori.
A tutti gli abitanti temporanei della città, del mondo.
Ho dedicato un bellissimo pezzo di vita ad allenare la capacità di incontrare i corpi nella differenza, a conquistarne la fiducia e a nutrirne il coraggio.
Si tratta di un percorso che è al pari fisico e filosofico, inscindibilmente.
Si tratta della creazione di un nuovo modello di vita, di consumo, di relazioni che esce dalla forma della competizione. Uno strumento per anticipare e formare le tendenze.
Quello che immagino è un vero e proprio laboratorio di mondo: un palcoscenico non inteso come vetrina di esibizione ma come un luogo di presenza e di intensità aumentata.
È la regia di un quotidiano che sa recuperare la dimensione sacra. È la pratica di un esercizio ontologico e relazionale virtuoso, un prototipo da sperimentare e spargere. Immagino un luogo da attraversare che risponde con un’alternativa all’accelerazione anestetizzata della nostra società.
Vorrei un laboratorio concreto per disegnare un futuro tramite la pratica della creatività, riformulandone i fondamentali politici e poetici.
Sarà un luogo dove la visione artistica non è esclusivamente dedicata ai professionisti del settore ma è uno strumento collettivo per la crescita, la consapevolezza e la felicità di ciascuna persona.

Idee e ideali
In tutte le rivoluzioni di cui siamo testimoni (tecnologiche, culturali, geologiche) ciò che rimane immutabile è il paradigma capitalistico e l’ottica neoliberista che, come un virus, ci rende portatori degli stessi principi che ci opprimono.
La vita proiettata nei social network e la cultura dell’immagine rafforzano questo denominatore di fondo cancellando i confini dell’intimità, del riposo e del tempo libero e allevando, così, consumatori anestetizzati e eternamente insoddisfatti.
Credo che siano questi i paradigmi di fondo che è necessario mettere in discussione.
E credo lo si faccia dalla distensione di uno spazio-tempo in cui queste le pratiche poetiche e politiche possano avere il respiro necessario a diventare gesta collettive e non tentativi di resistenza individuali, asfittici e puntiformi.
Non si tratta solo di uno spazio salvo, ma uno spazio-esperimento generativo, contagioso, apertissimo.
Non è dedicato a clienti né ad utenti, ma ad esseri viventi, animali umani, cittadini.
Femminista, inclusivo, fluido. Antico quindi nuovissimo. Attivo, condiviso, responsabile, rischioso.
In altre parole: vivo e in movimento.
Un luogo che fa tesoro della memoria ma si apre a una nuova narrazione e lo fa attraverso una politica del tempo e dello spazio.


I fatti

Laboratorio cinetico
Una comunità allo stesso tempo stabile e mobile di artisti con pratiche quotidiane di ricerca, allenamento, creazione nate dall’esperienza di CollettivO CineticO, con un’apertura costante alla partecipazione e alla visione.
La pratica artistica di questa città cinetica avviene sia negli spazi ufficiali del teatro che nella natura e nel quotidiano, per una dimensione esperienziale e immersiva.

Ospitalità e attraversabilità
Residenze di ricerca e sessioni creative multidisciplinari con inviti e aperture ad altri artisti appartenenti a qualsiasi ambito, dalla musica alle nuove tecnologie. Relazione di dialogo con la comunità locale e le realtà artistiche del territorio.

Accademia ribelle
(Nel senso platonico di ginnasio di filosofia incarnata)
Un’attività di formazione diversificata rivolta sia ad artisti professionisti (alta formazione, con collaborazione con dimensioni accademiche-universitare) che trasversale, per corpi di qualsiasi formazione, età e competenze in un’ottica inclusiva e nutriente.
Organizzazione di dialoghi, lezioni e condivisioni con filosofi, pensatori e intellettuali di altri ambiti (architettura, antropologia, scienze umane, politica, ecologia, economia...)

Più foresta che foresteria
Dimensione di albergo diffuso e house sharing (le case non come bene di proprietà ma come spazio di attraversamento sempre temporaneo di cui prendersi cura, allenare l‘essere ospiti del mondo)

Telepatia / tra distanza e tecnologia
Come non essere delle monadi?
Essere un piccolo centro immerso nella natura, quindi decentrato e distale rispetto alla dimensione metropolitana, non significa necessariamente collocarsi in una postura di isolamento e chiusura.
L’effetto monade è qualcosa che ci caratterizza anche nella dimensione globalizzata del mondo virtuale dove le dimensioni algoritmiche ci presentano sempre più solo la bolla del nostro simile e riconoscibile. Isolamento e chiusura sono caratterizzazioni non geografiche ma esistenziali, determinate dalle politiche delle relazioni. La periferia geografica vuole essere un invito all’introspezione, all’attraversamento, al viaggio, allo stare nella differenza. E’ una pratica concreta di dislocamento e raccoglimento fisico e intellettuale, ma non di chiusura. Il digitale qui si fa dimensione telepatica in cui la comunicazione non è solo informazione ma principalmente narrazione, in cui tiene saldo il valore di quella porzione di “-patìa”, di sentire. Una dimensione telematica, tecnologica, digitale come amplificazione sensoriale consapevolizzata: come un nuovo sistema percettivo e comunicativo.

Tempo / il tempo non è denaro, il tempo è vita
La dimensione temporale di questo luogo è qualitativa e non quantitativa. Gi eventi non hanno orari ma assumono una dimensione fenomenica, si fanno attendere - chiamando allo stare nel tempo vuoto - si lasciano depositare. Non si possono ottimizzare, massificare, consumare come prodotti in un supermercato.
Funzionano esattamente come l’apparizione di un cervo durante una passeggiata nel bosco.

Spazio / qui
Consapevolezza del luogo in cui ci si trova e delle sue origini, e narrazioni a più voci.
Per potenziare presenza e immanenza la quotidianità non è accompagnata dallo smartphone ma viene disegnato un luogo specifico per l’uso del telefono. Un piccolo esercizio di libertà rispetto alla dipendenza telematica. Non si tratta di rinnegarne le possibilità o negarne l’uso, ma è un invito alla consapevolezza riservando ai corpi degli spazi fuori dall’onnipresenza. Smettere di essere ovunque per essere pienamente “Qui”.

ESERCIZI DI MONDO

Come ripensare il modo di essere nel mondo?
Com’è possibile, in un mondo infiammato e in un oggi saturo, celebrare l’incontro dei corpi?

Esercizi di Mondo parte da un’urgenza di CollettivO CineticO, dall’utopia immaginata da Francesca Pennini di una “città cinetica”: una città dei corpi come nuovo modello di creazione, di condivisione, di relazione, di vita che rovescia l’egemonia della produttività, della competizione e dell’esibizione.
Questa visione trova alleanza e ossigeno nel Teatro Dimora L’Arboreto di Mondaino per la realizzazione di un progetto pilota condiviso che si dispiegherà nel corso del triennio 2025-2027 con una serie di residenze - “Esercizi di Mondo” - per una sperimentazione radicale e innovativa di altre forme della performance, della visione e della creazione.
Per un passo, coraggioso e plurale, verso l’utopia.

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